Alla Federazione Italiana delle Scienze della Terra
Al Consiglio Nazionale dei Geologi
e
p.c. al Consiglio Universitario Nazionale
Lettera aperta alla Comunità delle Scienze della Terra
Cosa c’è dietro il mancato sviluppo delle Scienze della Terra
nell’Ateneo del Texas d’Italia?
|
La chiamano la Svizzera del Sud, dove “la mafia non esiste”: galleggia su uno dei giacimenti petroliferi
più ricchi d’Europa, vanta uno dei bacini idrici più generosi
d’Italia e ha un grande gioco
d’affari che
hanno reso la Basilicata “una
questione morale”. Il
suo Ateneo tiene nell’angolo i geologi e la Regione li "snobba"
in un territorio devastato dal dissesto idrogeologico. Perché? L’inchiesta
giudiziaria “Toghe
Lucane” qualche
risposta la fornisce.
Siamo arrivati all’epilogo: volevano “farmi fuori” e si ritrovano
indagati
Una competizione
professionale a colpi di Magistratura.......e non solo.
Hanno cercato di
"farmi fuori“ con un polverone
giudiziario per
“chiudere
il Dipartimento di Scienze Geologiche”
(così si dice nelle intercettazioni), screditarmi professionalmente e mettere a tacere una delle
voci critiche sulla gestione
ambientale del territorio lucano. L’istituzione
del dipartimento non
era stata
condivisa:
disturbava
equilibri consolidati
in un Ateneo molto chiacchierato
per gli affari e
le consulenze.
Hanno però "toccato duro".
Ci sono
voluti 5 anni, ma la trama è stata scoperta e documentata, e i
responsabili
controdenunciati: la DENUNCIA a mio carico era un
FALSO…… tutto era preordinato.....
La Procura
di Potenza
ha
certificato l’esistenza di più procedimenti penali in cui io risulto
“parte lesa”. Tra questi, un procedimento per truffa, abuso
d’ufficio e rifiuto d’atti d’ufficio a mio danno per cui è finito
indagato, tra gli altri, il rettore A. Tamburro (deceduto)
insieme all'ex rettore F. Lely Garolla e i ricercatori G. Comunale e P. Harabaglia:
quest'ultimo dovrà
rispondere di truffa, calunnia e simulazione di tracce di reato.
Il TAR
Basilicata ha riconosciuto che sono stata oggetto di
mobbing
nei confronti del ruolo da me ricoperto come direttore del
Dipartimento.
Il
Consiglio di Stato ha ordinato per tre volte il mio reintegro in
servizio, imponendo al rettore A. Tamburro
l’ottemperanza
ai suoi provvedimenti e condannando
l'Università della Basilicata al pagamento delle spese di giudizio.

E si scopre
che i denuncianti sono i responsabili della malagestione dei
progetti europei
E’ storia
degna delle favole di Esopo, in cui si scopre che il supermoralista
scatenato nel vituperare l’avversario si riveli essere come quel bue
che dava del cornuto all’asino.
Incredibile ma vero, hanno taciuto sulla malagestione e sui
danni dei
progetti
europei POP-FESR dell'Unibas,
ed hanno invece sollevato un polverone sul mio che, a
seguito delle raccomandazioni di dirigenti regionali, era
riuscito a non ripetere i loro danni e ad essere anche
elogiato dagli enti locali
per la grande
mole di dati
e l'unico ad essere pubblicato a loro spese e
divulgato
online
sui loro siti. Avevo scongiurato la revoca del cofinanziamento
europeo rendicontando entro le tassative scadenze europee, e
avevo proseguito la ricerca per altri due anni, fornendo anche risultati aggiuntivi
non previsti dal piano di finanziamento per un valore di diverse
centinaia di migliaia di euro (consegnati nel 2003 all’Autorità
di Bacino).
Incredibile ma vero, a denunciarmi sono stati
proprio i
responsabili dei progetti cui
per irregolarità contabili era stato revocato il cofinanziamento
europeo di centinaia di migliaia di euro !
Ma il mio
progetto aveva decretato sul territorio nuovi referenti
scientifici per “l’acqua”, tema di
ingenti e ambitissimi finanziamenti, e aveva
permesso di realizzare qualcosa di troppo buono per non
suscitare tempeste di fango.
Una volta
chiamati a dar conto del proprio operato, i solerti censori sono improvvisamente ammutoliti. Ci sono volute
interrogazioni sui
giornali,
su
internet,
in
Consiglio Regionale,
in
Parlamento
e alla
Commissione Europea
per documentare (e solo grazie
a quest'ultima.....) che i responsabili di tale malagestione
erano proprio loro, i solerti censori, ovvero i vertici
dell’Ateneo !
E’dal 2006 che attendiamo la conclusione delle
indagini giudiziarie
su questa vicenda e la prescrizione è vicina.
E
si scopre che la denuncia è “UN FALSO” e che….
Per «farmi fuori» hanno inviato alla Procura della
Repubblica una denuncia autografa del rettore dell’epoca F. Lelj
Garolla, con una lettera del Preside di Scienze A. Tamburro e i
rilievi dei Revisori dei Conti al mio dipartimento: gli stessi
rilievi che erano stati ritenuti inconsistenti dal direttore
amministrativo dopo le mie controdeduzioni !
Una perizia grafica ha stabilito che la denuncia del
rettore Lelj Garolla è un "FALSO", che la firma del rettore è
"APOCRIFA", e che tale nota è stata "INTERAMENTE STILATA E
SOTTOSCRITTA DAL PRESIDE A. TAMBURRO"….
Il polverone giudiziario, alimentato da
conflitti di interesse
e basato su
segnalazioni di reato infondate ed opinabili, serviva
a delegittimarmi professionalmente
e a giustificare una
sospensione
facoltativa (mai adottata prima in un
Ateneo che pure ha visto pluririnviati a giudizio e condannati) con
la quale “farmi fuori” definitivamente
(vista la lunghezza dei processi), togliendomi la direzione del dipartimento per cercare
di chiuderlo. In mia assenza è stata alimentata la
diaspora
dei geologi, smembrando il
dipartimento e commissariandolo due volte in attesa di chiuderlo,
tra le ire di
docenti
e
studenti.
E può anche accadere che la divulgazione scientifica intralci
enormi affari: una “ritorsione giudiziaria”
Le
indagini sono state condotte in maniera
molto approfondita per trovare prove a mio carico e talmente
sommaria per le prove a mio discarico (obbligatorie in base all’art.
358 del codice penale), da ignorare anche prove presenti agli atti
giudiziari e da formulare ipotesi di reato per delle nequizie che,
se avessero valenza penale, dovrebbero far incriminare tutta
l’Università.
Delegato
alle mie indagini era l'ex col. dei Carabinieri Pietro Gentili,
capo della Polizia Giudiziaria di Potenza. Costui, che
secondo le cronache (cfr La Stampa) sarebbe stato
rinviato a giudizio per
favoreggiamento
in un caso di omicidio, è stato indagato dal PM L. de Magistris con
l'accusa di essere il riferimento nell’ambito della P.
G. del presunto “comitato d’affari” al centro dell’inchiesta “Toghe Lucane",
e di avere
atteggiamenti ritorsivi
nei confronti di coloro che potevano ostacolare la realizzazione
del complesso turistico
Marinagri,
di cui era socio e poi responsabile della sicurezza.
In una
regione dove il
silenzio è d’oro,
dove
veleni e menzogne
sono tutt’uno, dove per rimanere a galla devi essere silente, dove
si tace
anche quando è a rischio l’incolumità pubblica, - dal
miele
avvelenato da idrocarburi, alle navi affondate nello
Ionio,
agli studi sulle
dighe, ai
veleni di Tito,
alle falde acquifere avvelenate di
Melfi, ecc.,
- e dove, se scoperti, si corre subito a dichiararsi
neutrali,
io avevo fatto una denuncia pubblica sui rischi geologici di un
enorme affare.
Una
«ritorsione
giudiziaria»
ha ipotizzato la Procura di Catanzaro
per la mia vicenda: non solo per aver richiamato l’attenzione sulla
malagestione
dei progetti europei, ma anche per aver
pubblicamente bocciato
l’affare sui rifiuti radioattivi di Scanzano, quello più consistente
(10 mila miliardi di lire) cui mirava il presunto “comitato
d’affari”. Durante la rivolta popolare del novembre 2003 avevo spiegato a
milioni di italiani sulle reti televisive nazionali (TG3, Ambiente
Italia) i rischi geologici del sito di scorie nazionale di Scanzano,
illustrando inequivocabili documenti scientifici, mentre finanche i
quattro docenti dell’Unibas pagati dalla Regione per una consulenza
tacevano
, l’approvazione del
loro studio veniva inspiegabilmente ritirata nella Giunta Regionale
del 9 luglio 2002 (delibera 1243/2002), i risultati della consulenza
rimanevano ignoti e il governatore Bubbico querelava il Ministro
Giovanardi.
Una storia molto strana: ignoravo che tra i quattro consulenti ci
fosse anche un
professore
del dipartimento che dirigevo e che nel 2003 mostrò "stupore".
Durante la
rivolta popolare del 2003 lo studio non venne tirato fuori e fu a me che venne richiesta
collaborazione, ed in particolare la redazione di una relazione
scientifica che dimostrasse l'inidoneità geologica del sito di Scanzano. Cosa che feci insieme ad altri tre colleghi e senza
alcun onere
per la Regione; la relazione fu usata ed esibita nelle sedi romane
per controbattere la scelta del sito nazionale di scorie di Scanzano.......
Tutto ciò
è avvenuto in un territorio che, secondo il pentito Fonti, insieme
alla Calabria sarebbe ridotto ad un cimitero di
rifiuti radioattivi
, dove chi
tocca i fili
muore,
o viene trasferito (come alcuni
magistrati)
o viene licenziato.
Era pertanto prevedibile un mio
analogo intervento
pubblico sul rischio idrogeologico del complesso turistico
Marinagri (un
altro grande
affare
al centro di intricati intrecci e
vicende),
nel momento in cui fosse esplosa l’inchiesta
giudiziaria in corso (cominciata nel 2002, archiviata dalla Procura
di Matera nel 2005 e riaperta dal PM L. de Magistris a Catanzaro).
Il mio intervento avrebbe avuto effetti devastanti per il contributo pubblico di 26 milioni di euro,
e non solo...: non a caso Marinagri è stato sequestrato anche per il
rischio
idrogeologico. Il villaggio è stato
realizzato, infatti, nell’alveo di piena e alla foce del F. Agri (un fiume che ha già
causato
esondazioni nel metapontino), a valle di due
dighe
(in zona sismica) e nella fascia di sommersione da onda di piena in
caso di loro
cedimento, in un’area
sottoposta a vincolo di inedificabilità (fino all’aprile 2009) dal
Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e a
tutela ambientale, perché Sito di Importanza Comunitaria (SIC).
Un vero e proprio
"crimine" per l'ex PM de Magistris.
Secondo
quest'ultimo, in Marinagri erano interessati a vario titolo
anche alcuni
magistrati lucani, oltre al col. Gentili. Per
costoro il successore di De
Magistris, il PM V. Capomolla, ha chiesto archiviazione, ma è stato
querelato, con l'accusa di aver spezzettato
l'inchiesta in tanti piccolissimi stralci, rendendo così difficile
sostenere l'accusa della "associazione a delinquere" e il
ritrovamento delle prove certe. Il giorno 11 dicembre 2009 la
Procura di Catanzaro ha stabilito il dissequestro di Marinagri con
modalità che lasciano a dir poco
sconcertati
,
causando dichiarazioni "forti"
di M. Pannella e C. Vulpio.
Ho visto cose che voi
umani….
Paese
medioevale, la Basilicata è ricchissima di risorse naturali e di
fondi europei gestiti dalla Regione
per uscire dal sottosviluppo,
ma è al terzo posto per
povertà e per
truffe
europee. Tutto ruota intorno alle clientele partitocratiche, i
contatti personali e le entrature valgono più delle regole o del
merito, e pertanto a nessuno conviene denunciare.
Il sistema lucano è stato descritto nel libro "Roba
Nostra" di Carlo Vulpio. Ci sono storie comiche, come quella dei
bachi da seta
fantasma, o progetti
europei realizzati a
tempo di record:
solo 20 giorni!
“Toghe
lucane”
è l'indagine del PM L. de Magistris
su un presunto “comitato d’affari” in Basilicata che avrebbe messo
le mani su tutto e che secondo l’accusa avrebbe fatto capo al già
governatore, sen. F. Bubbico (DS) . Questo comitato avrebbe operato,
secondo l'accusa,
con la complicità di uomini politici,
magistrati, forze dell’ordine,
professionisti e
imprenditori
e
sarebbe stato in grado di gestire un secondo livello di giustizia:
se c’era un reato il
magistrato nascondeva, il poliziotto
avvisava l’indagato, il politico di destra e di sinistra continuava
a fare pastette. Chi non si piegava
finiva sotto il "caterpillar della giustizia" (cfr Il Quotidiano),
usata come una
clava: «Condizionavano
procedimenti penali, delegittimavano e condizionavano
appartenenti alle istituzioni,
persone della società civile che osavano
denunciare il malaffare dei colletti
bianchi, inermi cittadini che si
imbattono nell’orbita dei centri di
potere occulti ...».
““Sappiate che questa cosa non si realizzerà mai. Contro la
realizzazione del dipartimento io farò tutto quello che è in mio
potere con mezzi leciti o anche meno leciti per impedire che questa
cosa avvenga””
Questo
avrebbe dichiarato ad alcuni ricercatori del Centro di
Geodinamica (secondo quanto a me riferito) l’allora Preside di
Scienze, il chimico prof.
A. Tamburro
(poi rettore), prima che io arrivassi in Basilicata nel 1998 e mi
impegnassi per l'istituzione del dipartimento geologico.
E’
cominciata così. Lui, da sempre considerato il
rettore ombra
dell’Unibas, aveva un interesse diretto: tra l'altro era il
convivente della
prof.ssa C. di Maio, ingegnere geotecnico, nonchè
direttrice del dipartimento
geo-ingegneristico alternativo a quello geologico, il DISGG (Dip. di
Strutture, Geotecnica e Geologia Applicata all’Ingegneria).
Questo era il tradizionale referente sul territorio per le
consulenze
nel settore geologico-applicativo (comprese quelle sull' "acqua") e
nel 2000 aveva espresso
parere contrario all’istituzione del
Dip. di Scienze Geologiche. La stessa Di Maio è
consulente
della Regione su temi geologici come le frane, tema su cui avevo
ottenuto importanti finanziamenti per il mio dipartimento.
Tamburro,
l’autore della denuncia a mio carico, è deceduto nel giugno 2009,
prima che ottenessi l’ultimo documento giudiziario utile
per questa lettera. Qualcuno penserà che è facile accusare un morto,
perché non può difendersi: ma io ho sempre affrontato il Tamburro da
“vivo”, arrivando anche a chiedere la sua
interdizione
dai pubblici uffici e pagando per le sue ritorsioni; il male,
tuttavia, resta tale anche dopo la morte e non si può tacere.
Dopo avermi
denunciato, il Tamburro aveva ostacolato il mio rientro in servizio
in tutti i modi che la sua autorità gli consentiva, con
interpretazioni palesemente scorrette delle sentenze del Consiglio
di Stato a me favorevoli, con espedienti dilatori e con astuzie di
vario genere. Aveva eseguito la prima sentenza del Consiglio di
Stato solo dopo tre mesi e una diffida, grazie a questa
inconsistente
nota interlocutoria, omettendo
anche di corrispondermi le differenze retributive di questi periodo;
mi aveva
risospeso proprio lo stesso
giorno in cui il Consiglio di Stato emetteva la seconda sentenza a
me favorevole .....Ero rientrata in servizio solo dopo un giudizio
di
ottemperanza.
Prima mi invitano a Potenza e poi mi scagliano contro un’indagine
giudiziaria
Ero
stata invitata nel 1998 a trasferirmi dalla prestigiosa Università
di Catania a Potenza per
dirigere un Centro e mi sono ritrovata in una “tomba”.
Ero stata
invitata dal prof. C. Doglioni (di concerto con il Preside Tamburro),
che allo scadere del triennio si era trasferito a Roma e che cercava
urgentemente un
sostituto alla direzione del Centro di Geodinamica. Mi erano state
prospettate grandi potenzialità di sviluppo delle Scienze della
Terra in questo giovane Ateneo ed anche l’arrivo dall’estero di due
autorevoli geologi. Dopo molte perplessità (avevo già deciso di
rimanere definitivamente a Catania), mi ero trasferita nel piccolo Ateneo lucano, dove i docenti
forestieri in genere "se possono" scappano dopo aver svolto
il periodo minimo triennale previsto dalla legge. Lo avevo fatto
(ingenuamente) con spirito di servizio per un progetto culturale,
per promuovere le Scienze della Terra in un Ateneo del Sud nato dopo
il terremoto del 1980 per la difesa del suolo.
Grande è
stata la mia sorpresa all'arrivo nel trovare una
gruppo
che era di parere del tutto contrario; dei due colleghi stranieri,
poi, non c’era neanche l’ombra. Il disegno era preciso: i geologi
dell’Ateneo erano stati divisi tra vari dipartimenti e facoltà e
resi inoffensivi; ai geologi della Facoltà di Scienze spettava
occuparsi della didattica e di una ricerca il più possibile avulsa
dai rapporti col territorio: questi
spettavano ad altri.
Che fare?
Preso atto "dell'accaduto", mi sono rimboccata le maniche, cercando
prioritariamente di aggregare i geologi in un
dipartimento
:
ma ......
Il dipartimento geologico
disturbava le tasche di molti attori e comprimari
Ai
docenti
dell’Università toccano
consulenze
e incarichi professionali di provenienza regionale, provinciale,
comunale, ecc., corsi di formazione, progetti
europei, ecc.,
che raddoppiano, triplicano.... gli stipendi dei docenti. Grandi sono gli appetiti
e note fin sulla stampa sono le
faide
nell’Ateneo
lucano per
gli affari.
Il Dip. di Scienze Geologiche da me diretto si è reso subito
protagonista sul territorio, diventando competitivo sia in termini
di abbattimento dei costi che di qualità dei prodotti forniti,
mettendo in crisi grossi interessi economici. E' stato così preso
di mira il mio progetto europeo POP-Agrifluid sulle risorse idriche
e il monitoraggio dell’alta Val d'Agri, area petrolifera oggetto di
enormi finanziamenti. Era il progetto più complesso e articolato, con ben nove gruppi di ricerca, tra cui
l'autorevole gruppo idrogeologico dei proff. Civita e Vigna
del Politecnico di Torino, non gradito da qualcuno
in una regione afflitta dalla territorialità degli
affari, dove anche modestissimi ricercatori all’occorrenza possono
diventare “esperti scientifici” di faraonici (ma solo nei costi)
progetti europei.
Ed è stata una guerra senza esclusione di colpi
I
problemi
sono cominciati al mio arrivo: il Preside Tamburro mi ha
chiesto di
non accogliere
nel Centro da me diretto i geologi applicati per ovvii ma non
dichiarati motivi. Non ho ottemperato alla sua richiesta e così, dopo
neanche un anno, hanno
chiuso il Centro
che mi avevano chiamato a dirigere. Poi - hanno rimosso
l'efficiente personale amministrativo, - ci hanno lasciato nove mesi
senza struttura, - hanno alimentato il
disordine amministrativo con sei segretari amministrativi ad interim
in quattro anni (alcuni
privi delle più elementari nozioni di contabilità)
inducendomi a declinare qualsiasi
responsabilità,
e poi hanno inviato alla Magistratura i rilievi dei
Revisori dei Conti al mio dipartimento prima di sentire le
controdeduzioni del direttore.
Gravissimi
sono stati i danni: problemi giudiziari, perdita di fondi europei
per errori amministrativi nell'ambito del POP-Agrifluid, distruzione del Lab. di
Geologia Marina, danni alla ricerca e alla didattica per la perdita
di chance (posta consegnata in ritardo e bandi scaduti, fatture non
pagate, pratiche bloccate), ecc.
Il Dip. di
Scienze Geologiche, attivato nel novembre 2000 con l’unanime
opposizione
dei dipartimenti di Ingegneria e l’ostruzionismo del Tamburro
,
è stato subito ridotto ad un
contenitore semivuoto, privo
di personale tecnico su 13 laboratori.
Il gruppo
geologico negli anni è stato sgretolato, a dire il vero senza troppe
difficoltà.....Una parte dei docenti si è
trasferita
nel dipartimento di Chimica del rettore Tamburro, un'altra in quello
della sua convivente (DISGG) e un'altra ancora è rimasta in quello
geologico.
Il direttore Luigi
Coppola
si è poi dimesso per protesta e gli
studenti
hanno
denunciato i tentativi del rettore Tamburro di ridimensionamento e
chiusura del dipartimento. Sconcertanti le intercettazioni telefoniche: "Qui all'Università
c'è uno sciacallaggio incredibile", "qui ognuno agisce per un
proprio tornaconto", "non ci credo più, perchè dove mi volto
volto vedo distruzione e voglia semplicemente di fare il proprio
tornaconto e di distruggere".
Nel
frattempo si concentravano su di me le attenzioni del Tamburro e di docenti del DISGG ad esso
molto vicini: il Preside A. Tamburro mi denunciava nel marzo 2002; il ricercatore P. Harabaglia
causava gravissimi danni al mio progetto europeo e diventava
l’informatore della Polizia Giudiziaria; il prof. M. Mucciarelli, consulente della Regione (anche sulla Val d’Agri), mi
denunciava nell'ottobre 2004
(denuncia
poi archiviata dalla Procura di Potenza),
proprio
quando su di me si abbatteva la bufera giudiziaria.
Ecco quello che hanno fatto……
Hanno prima
arrecato gravissimi danni al mio progetto europeo POP-Agrifluid, che
ho dovuto tamponare in qualche modo insieme ad altri colleghi. Alcuni collaboratori hanno
omesso di consegnare i risultati o li hanno consegnati inservibili a
fronte dei cospicui investimenti europei fatti su di loro, oppure non hanno utilizzato
costose attrezzature appositamente acquistate, o le hanno utilizzate per obiettivi diversi da
quelli del progetto. Poi ne hanno trafugato i documenti contabili,
passando al setaccio missioni, acquisti, contratti. Ho presentato al
rettore Lelj Garolla una richiesta di indagine amministrativa a
carico di P. Harabaglia, ma la richiesta è rimasta inevasa.....
Poi hanno
trafugato documenti scientifici del progetto: il plico postale del
Politecnico di Torino è stato trovato aperto e privo di una delle
copie della carta idrogeologica ancora inedita della Val d'Agri.
L’11
febbraio 2002, 4 mesi dopo la chiusura contabile dell'Agrifluid,
sono arrivati nel dipartimento i Revisori dei Conti, che il 15 marzo
2002 hanno inviato i loro rilievi al rettore Lelj Garolla.
Quest’ultimo il 18 aprile 2002 ha avviato la normale prassi
amministrativa interna, inoltrandomi la richiesta di controdeduzioni
che, come direttore, gli ho fatto pervenire il 06 giugno 2002.
Successivamente il direttore amministrativo mi ha riferito che era
tutto a posto: non sono seguite contestazioni o procedimenti
disciplinari (obbligatori e tempestivi in caso di presunte
irregolarità).
Ma il 20 marzo
2002 il Preside Tamburro scriveva
a mia
insaputa un esposto a mio carico. Poco dopo la segretaria
F. Lapenna, la ricercatrice G. Comunale e il ricercatore P. Harabaglia si trasferivano
dal mio dipartimento, rispettivamente presso la
segreteria e i dipartimento del Preside Tamburro e presso il dipartimento DISGG:
quest'ultimo accettava la domanda di afferenza di Harabaglia il 17
aprile 2002......
In particolare, il Preside Tamburro scriveva una lettera nella quale segnalava al rettore Lelj
Garolla presunte irregolarità gestionali relative al mio progetto
POP-Agrifluid. Lui..... che per irregolarità contabili si era visto
revocare dall'UE il cofinanziamento europeo del suo progetto da 760
mila euro (e tutto nel più assoluto silenzio)!
Nello
stesso giorno il Tamburro scriveva e faceva pervenire
(apparentemente) tale lettera al rettore F. Lelj Garolla (suo
stretto amico), che con incredibile solerzia nello stesso giorno (20
marzo 2002) la trasmetteva alla Procura della Repubblica,
allegandoci i rilievi dei Revisori dei Conti al mio dipartimento e
una sua nota di accompagnamento autografa con numero di protocollo
immediatamente successivo alla lettera del Tamburro!
Questa
denuncia presentava diverse anomalie, tra cui l'efferata solerzia e
le modalità dell'inoltro: la prassi amministrativa prevede infatti
che, alla luce del rapporto fiduciario tra rettore, preside e
direttore di dipartimento, si proceda a dei chiarimenti preventivi
interni all'amministrazione prima di intraprendere azioni
giudiziarie.
A
consegnare alla Procura tali documenti non erano i diretti
interessati, ma il prorettore ing.
Rosa Viparelli:
la stessa condannata dalla Corte dei Conti per danno erariale di
14.688,00 euro all'Ateneo, senza che il (futuro) rettore Tamburro
provvedesse a irrogarle una sanzione, neanche una piccola piccola.
Talvolta,
però, si ha la fortuna di trovare carabinieri curiosi, di quelli che
vogliono andare a fondo nelle indagini: non a caso si trattava del
braccio destro dell'ex PM L. de Magistris nell'inchiesta "Toghe
Lucane", il capitano P. Zacheo, uno di quelli subito
allontanati dal PM con un
trasferimento d'urgenza e una promozione sulla carta.
E così è
nata l’idea di fare una perizia grafica sui documenti dell'esposto
del Tamburro. La perizia non ha lasciato adito a dubbi: il Preside
Tamburro aveva fatto tutto da solo, contraffacendo la grafia del
Rettore Lelj Garolla nella nota di inoltro della denuncia alla
Procura !
La gravità
di tale azione, già di per sé eccezionale trattandosi di un pubblico
ufficiale, diventa abnorme se si pensa che l’allora Preside Tamburro
non era autorizzato a detenere i rilievi dei Revisori dei Conti
al mio dipartimento e che li ha inviati alla Procura prima di
attendere le controdeduzioni del direttore del dipartimento. Una
azione di inaudita ferocia, che equivale ad “ammazzare” un
direttore, chiamato a rispondere di quel disordine amministrativo
del dipartimento per cui aveva sempre protestato, al punto da
declinarne ufficialmente qualsiasi
responsabilità.
Un disordine che aveva causato inconsistenti rilievi dei Revisori
dei Conti e ipotesi di reato, ma che aveva fatto gioco per la mia sospensione
(insieme
alle calunnie di P. Harabaglia). Il TAR
Basilicata, infatti, si era appellato al numero delle accuse a mio
carico per mantenermi sospesa ancora in fase di indagini
preliminari, mentre neanche docenti condannati in primo grado erano
stati sospesi.
Ma non è
tutto. Le dichiarazioni rese dal Preside Tamburro alla Polizia
Giudiziaria durante le indagini erano state così problematiche da
indurre il PM requirente ad un confronto a tre tra il Tamburro, P.
Harabaglia e un collaboratore al mio progetto, da cui erano
scaturite dichiarazioni ampiamente divergenti.
Iniziava
così la vicenda giudiziaria, per approdare poi al TAR e al Consiglio
di Stato, con un defatigante, continuo pellegrinaggio tra TAR
Basilicata e Consiglio di Stato, con decisioni di quest’ultimo
Organo a me favorevoli, ma che il Tamburro, Rettore dell’Università
della Basilicata, con
espedienti dilatori, interpretazioni palesemente
scorrette, astuzie di vario genere, poneva nel nulla, fino al
giudizio di
ottemperanza
che gli ha imposto di rimettermi in servizio condannando
l'amministrazione dell'Unibas al pagamento delle spese di giudizio.
Non
avevano ottenuto quello che volevano e allora……
Il braccio
operativo nella vicenda è stato Paolo Harabaglia, “carta
conosciuta”: un ricercatore stretto amico del Tamburro, emigrato
dal Dip. di Scienze Geologiche al DISGG.
Molto ben
inserito nell’ambiente dei dirigenti degli enti locali (quelli che
danno gli incarichi), al mio arrivo a Potenza Harabaglia si era
subito premurato di presentarmene alcuni, proponendomi il loro
coinvolgimento nel mio progetto europeo Agrifluid e suggerendomi
addirittura i loro“congrui” compensi…... Mi aveva anche presentato i
dirigenti di alcune società di Ingegneria,
che cercavano di coinvolgere strutture dell'Università della
Basilicata nei loro progetti europei, per
conferirgli
(ovviamente) maggiore autorevolezza.
Non pochi
problemi mi aveva creato Harabaglia, legati anche ai suoi rapporti
con certi enti locali, alcuni dei quali inspiegabilmente preferivano
questo attempato ricercatore dal modesto curriculum scientifico a ben più titolati e competenti geologi
del Centro/Dipartimento per delicati incarichi (retribuiti), come
quello di componente in commissioni per selezionare neolaureati in
Scienze Geologiche.
Da me
incaricato del censimento e monitoraggio delle sorgenti e delle
piogge in Val d’Agri, Harabaglia si era rivelato molto più attento
agli aspetti contabili del progetto che a quelli scientifici. Non
aveva ottenuto quello che voleva ed era diventato ad un certo punto
“poco collaborativo”, non eseguendo le istruzioni ricevute, fornendo
anche dati inservibili o non fornendoli proprio, causando gravi danni al
progetto e invalidando parte del finanziamento europeo, rifiutandosi
di illustrare i risultati del suo lavoro nel convegno di fine
progetto (un atto dovuto), nè consegnando tutti i dati utili per la
pubblicazione finale del 2003. Strana coincidenza: in concomitanza con la denuncia del Tamburro, Harabaglia si era trasferito nel DISGG ed era stato
piuttosto problematico riottenere le centraline multiparametriche a lui
affidate per il monitoraggio delle sorgenti e dai risultati
ignoti. Nella primavera 2002 me ne aveva restituite 4 su 5,
dichiarando che la quinta era stata trattenuta dal prof. G. Mongelli
(suo amico), allora afferente al dipartimento geologico e poi
emigrato in quello del Tamburro. Ma il Mongelli non
mi aveva mai chiesto l'autorizzazione a detenerla, così come
previsto dai regolamenti.....
Ma, udite,
udite…..con somma sorpresa abbiamo poi appreso che, mentre la nostra ricerca continuava tra vari problemi anche a causa di
Harabaglia, nell'autunno 2002 costui diventava a nostra insaputa e “inspiegabilmente” l’esperto
scientifico per le acque del ricco progetto europeo
“Sedemed”
di un dirigente della Provincia di Potenza. Il Sedemed era gemello di uno dei numerosi filoni
dell’Agrifluid, e Harabaglia
addirittura
vi appariva come il coordinatore di team
multidisciplinari ! Ma va ? Lui, che aveva causato tanti danni nel
mio progetto, e che non era neanche riuscito ad eseguire le istruzioni che gli
erano state dato.....
Ma Sedemed
riguardava il censimento e il monitoraggio (anche con centraline
multiparametriche.....) delle sorgenti della provincia di Potenza (che
comprendeva anche la Val d’Agri da noi già studiata), ma con un
budget che, udite udite, era circa la metà di Agrifluid ……, poi
rinnovato per altri due anni con 198 mila euro !
Questo sì che era un
progetto finanziariamente molto soddisfacente…….
Noi poveretti, invece, con
soli 600 mila euro avevamo realizzato di tutto e di più, anche
risultati non previsti dal finanziamento ricevuto: la sola carta
idrogeologica (uno dei 24 prodotti forniti) valeva mediamente 260 mila
euro! Ed ecco
quello che abbiamo fornito:
1)
censimento e monitoraggio delle sorgenti, anche con centraline
multiparametriche;
2)
censimento dei pozzi per acqua;
3)
monitoraggio dei pozzi con diverse campagne piezometriche;
4)
prove di pompaggio e carotaggi della radioattività naturale;
5)
raccolta dei dati termoconduttimetrici dei pozzi ed esecuzione di
nuovi log su alcuni pozzi;
6)
raccolta di dati termometrici;
7)
monitoraggio delle piogge;
8)
analisi geochimiche delle acque di sorgente;
9)
analisi isotopiche delle acque di sorgente e delle piogge;
10)
censimento dei sondaggi
geognostici esistenti;
11)
analisi delle perforazioni dei pozzi profondi AGIP;
12)
analisi delle perforazioni dei pozzetti superficiali AGIP;
13)
interpretazione delle stratigrafie dei pozzi;
14)
rilevamento geologico e analisi di facies dei depositi
pleistocenici della Val d’Agri;
15)
tomografie geoelettriche della Val d’Agri;
16)
analisi dello stato di fratturazione del substrato della Val
d’Agri;
17)
carta idrogeologica della Val d’Agri;
18)
carta idrostrutturale della Val d’Agri;
19)
database interattivo e interrogabile;
20)
ricostruzione della struttura sepolta del bacino dell’Alta Val
d’Agri;
21)
ricostruzione idrodinamica e idrostratigrafica degli acquiferi
porosi della piana dell’Alta Val d’Agri;
22)
ricostruzione degli acquiferi fessurati dell’Alta Val d’Agri;
23)
calcolo del bilancio idrologico; 24)
monografia con 13 lavori di approfondimento e carte tematiche.
Gli
addetti ai lavori sanno bene che il valore
di tutto quello che noi abbiamo realizzato, se comparato con il
finanziamento di Sedemed, raggiungerebbe alcuni milioni di euro. Per giunta,
erano in corso anche altri studi,
prima che scoppiasse il polverone giudiziario.
Durante le
indagini P. Harabaglia è diventato il graditissimo informatore dei
poliziotti del col. Gentili, sovente inventandosi fatti e
accadimenti a mio danno, simulando tracce di reato a mio carico,
segnalando le persone da interrogare e i sodali che potessero
avallare le sue farneticazioni, informando degli avvenimenti la
stampa, ecc.
Per fare un solo esempio delle fandonie di costui, basti
pensare che alla P.G. dichiarava testualmente in merito ai
contratti dei miei più stretti collaboratori che “il valore di
questi contratti era enormemente superiore a quelle che sono le
consuetudini finanziarie all’interno di un ambiente universitario”
(si trattava di contratti da 15 mila euro lordi per 5 mesi,
rinnovabili), mentre il suo dipartimento (DISGG) attribuiva alla
sua amica Barbara Rosa un
contratto
di ben 18 mila euro per 4 mesi...!
Chi
controlla i controllori ?
Dopo la
denuncia a mio carico, un atto dovuto è stato quello di chiedere
conto dell'operato dei miei denuncianti in merito ai "loro" progetti
POP-FESR, visti i danni che anche i geologi hanno dovuto subire. Una
impresa davvero ardua !
Se il
Rettore Lelj Garolla dichiarava che i progetti POP-FESR si erano
regolarmente conclusi
nel 2001
(scadenza contabile
europea dell'intero
programma settennale POP), il Rettore A. Tamburro invece dichiarava
che il
suo si era concluso nel 2004,
quando “si doveva concludere” (in realtà doveva concludersi
all'inizio del 1999, sic !), mentre la Regione lo
smentiva
pubblicamente, ricordandogli che aveva presentato la rendicontazione
finale il 26 ottobre 2006, ovvero con ben 8 anni di ritardo! E
mentre l’Ufficio Programmi Comunitari della Regione dichiarava che
erano stati sottoposti al cofinanziamento europeo solo i progetti
conclusi
entro il 31.12.2001, il Rettore Tamburro comunicava al Ministro
dell’Università Mussi che erano state concesse delle
proroghe
….!
Pochi sanno
come funzionavano questi progetti. Ma vediamo.
I
megaprogetti POP-FESR, finanziati sui fondi strutturali europei per
le regioni sottosviluppate, dovevano produrre risultati
con dirette ricadute sul territorio per il suo sviluppo e dovevano essere realizzati in
24 mesi, pena il disimpegno di spesa dell’UE con conseguente perdita
del cofinanziamento europeo (corrispondente al 60% del
finanziamento).
I
22
progetti
di ricerca POP-FESR dell’Unibas si dovevano realizzare in due
bienni: 8 progetti nel 1996-98 e 14 progetti nel 1999-2001. La
rendicontazione contabile avveniva trimestralmente e quella finale
doveva avvenire entro 24 mesi, con restituzione dei soldi non spesi
entro tale data, produzione dei certificati di spesa, accertamento
delle spese e collaudo da parte della Regione Basilicata, che solo
allora trasmetteva i finanziamenti. Proroghe potevano essere
concesse dalla Regione entro e non oltre il 31.12.2001, scadenza
della contabilità dell’intero programma POP-FESR. In caso contrario
si perdeva il cofinanziamento europeo e si dovevano
restituire i fondi,
con i conseguenti danni all’Unibas, che li aveva anticipati
distraendoli da altri capitoli di spesa, all’erario per il mancato
introito di danaro pubblico e alla Regione per l'incapacità di
spesa, che avrebbe prodotto decurtazioni da parte dell'UE sui futuri contributi
europei.
Ma è stato
il disastro: nel 2004 c’era un
ammanco di
circa 2 milioni di euro nelle casse semivuote dell’Ateneo, per la
mancata restituzione degli anticipi concessi ai progetti di 7
dipartimenti, che dunque non si erano conclusi entro il 31.12.2001
(ove la conclusione comportava una rendicontazione contabile le cui
spese dovevano essere immediatamente accertabili dalla Regione).
L’Ateneo è entrato in
esercizio provvisorio
nel 2005, la comunità universitaria ha subito molti danni per
mancanza di fondi, e soprattutto li hanno subiti gli studenti e i
docenti di Scienze Geologiche, defraudati dei 592 mila euro di una
Scuola di Alta Formazione, usati per tamponare il disastro.
Il silenzio
è stato totale. Nessun chiarimento perveniva a seguito di interrogazioni sui
giornali,
su
internet
e al Consiglio Regionale: nel luglio 2004 il governatore della
Regione Basilicata, F.
Bubbico,
era chiamato a dare spiegazioni dell’accaduto, ma costui si
limitava a dire “la questione è
già risolta”…. !
Finanche
una interrogazione
parlamentare
dell’on. Capezzone nell’autunno 2006 non aveva un esito
soddisfacente. L’interrogazione si arenò: in Parlamento sedevano
anche docenti dell’Unibas, alcuni dei quali forse anche coinvolti in
questi progetti europei. Il Ministro Lanzillotta non rispose e il
Ministro della Ricerca Mussi (stessa area politica del Tamburro),
(incredibile ma vero) interrogò proprio il rettore Tamburro.
Solo grazie
ad un esposto alla
Commissione Europea
si riusciva a documentare parte della verità: tre progetti avevano
perduto
(in toto o in parte)
il cofinanziamento europeo per centinaia di migliaia di euro a causa del mancato rispetto delle scadenze
contabili europee, o per cose ancor più gravi, come l'impossibilità
di accertare le spese sostenute......
I progetti
incriminati erano quelli del prof. S. Vellante e di uomini di punta
dell’Unibas, come i rettori A. Tamburro e F. Lelj Garolla di
Bard, proprio coloro che mi hanno sospeso ! L’accaduto veniva
coperto dal più assoluto silenzio istituzionale, venivano negati i
danni e nessun provvedimento veniva preso verso i
responsabili. Ma.... l'obbligo
di denuncia dei pubblici ufficiali ?
Ma c’è di
più. L’ammanco di circa 2 milioni di euro nel 2004 e la concessione
di proroghe sono ovviamente legati alla mancata conclusione nel
2001 dei progetti di diversi dipartimenti, molti dei quali però
risultano aver beneficiato del cofinanziamento europeo. Ma gli uffici regionali (Regione)
hanno dichiarato che solo i progetti conclusi entro il 31.12.2001 avrebbero
ottenuto il cofinanziamento europeo. E allora ...?
E' più di
tre anni e mezzo che attendiamo chiarezza sull'accaduto dalle
indagini giudiziarie. Come
contribuenti
ci piacerebbe sapere, ad esempio, quali fondi pubblici sono stati usati per tamponare la perdita del
cofinanziamento europeo di alcuni progetti se è vero, come si dice,
che la Regione
Basilicata avrebbe provveduto a restituirli all'Unibas (che li aveva
anticipati).
Sappiamo bene che l’azione giudiziaria è una clava adoperata
dalla politica…
Che fossi una persona scomoda per “l’affaire” Marinagri,
era noto agli “addetti ai lavori”.
Le cronache parlano di una colossale speculazione edilizia
realizzata sul delta del F. Agri, cui sarebbero legati
gli arresti del sindaco
Mario Altieri,
la richiesta di provvedimenti per carabinieri che volevano indagare,
le minacce di morte per
esponenti politici
che cercavano la verità,
le indagini a carico di
Vincenzo Vitale (imprenditore di Marinagri) per il tentato omicidio
del senatore Decio
Scardaccione,
presidente dell'Esab,
che venne gambizzato,
sostengono gli investigatori, per vicende connesse alla proprietà
dell' area in cui si voleva realizzare il villaggio. Un
affare di partito
si dice, una grossa storia per cui ci sono state anche
interrogazioni parlamentari dei
Radicali e
interrogazioni
di esponenti di PRC.
Negli anni
“70” l’Ente per lo Sviluppo e l’Irrigazione di Puglia e Lucania era
proprietario di terreni alla foce del F. Agri sullo Ionio, poi
ereditati dall’ESAB e successivamente dall’ALSIA. Nel novembre 1973
il prefetto di Matera aveva
espropriato in favore di Ittica Val
d’Agri (poi Marinagri) circa 200 ettari di terreno alla foce del F.
Agri per un impianto industriale di itticoltura, mai realizzato. Al
posto dell’impianto, nell’alveo di piena del fiume è invece stato
realizzato un complesso turistico finanziato con fondi
pubblici (26 milioni di euro).
Per giunta
si dice che i circa 29 ettari di terreno del
vecchio alveo
del F. Agri sarebbero stati intestati alla Marinagri (Ittica Val
d'Agri) per diritto di
accessione in qualità di
frontista: in quanto tali,
tuttavia, i 29 ettari non
gli potrebbero appartenere perché esso non sarebbe mai stato frontista
del fiume, essendo stato disattivato il vecchio alveo fluviale prima
del 1972, come da documenti scientifici. E’ finita male: l’ALSIA
avrebbe avviato le procedure per ottenere la
retrocessione
dei terreni del vecchio alveo, dopo una diffida stragiudiziale del
segretario provinciale del PRC.
L’ex governatore Bubbico
è stato accusato dall’ex PM L. de
Magistris di aver fortissimamente voluto Marinagri lì dove
non poteva nascere, e cioè nella
fascia inedificabile di pertinenza fluviale
dell’Agri, così come perimetrata dall’Autorità di Bacino (AdB) nel
Piano di Assetto Idrogeologico (PAI)
entrato in
vigore il 14 gennaio 2002 e valido
fino all’aprile 2009. Poiché il giudizio di compatibilità
ambientale era determinante per la concessione del finanziamento
pubblico, Bubbico avrebbe tempestivamente adottato, tramite l’AdB
(che presiedeva), procedure ritenute illecite dall’accusa per una
variante del PAI
che avrebbe lasciato fuori Marinagri dall’area inedificabile della
fascia di pertinenza fluviale. Come?
Riperimetrando
e riducendo drasticamente la naturale fascia di pertinenza fluviale,
attraverso l’innalzamento di argini e muretti nell’alveo di piena
del fiume.
Tale
variante, tuttavia, pare sia rimasta nel cassetto e la nuova
perimetrazione è stata divulgata dall’AdB solo con
l’aggiornamento del PAI 2009: si dice che tale variante sarebbe
servita ad ottenere il finanziamento pubblico (delibera
approvata il 19 dicembre del 2002).
In qualità
di esperta di delta “io sapevo”, ma soprattutto (Scanzano docet )
era prevedibile che io esternassi pubblicamente le mie perplessità
sul rischio idrogeologico di Marinagri, che potevano diventare molto
“fastidiose” per la sua realizzazione, anche in considerazione
dell’inchiesta giudiziaria in corso.
Avrei
potuto, per esempio, segnalare che Marinagri veniva realizzato in
quella che era un’area ancora sottoposta a vincolo di
inedificabilità dal PAI vigente per il rischio idrogeologico. Avrei
potuto segnalare che il PAI (art. 6 e 7)
vietava insediamenti
nell’alveo di piena del fiume e interventi volti a ridurre la
capacità di invaso nelle fasce di pertinenza fluviale. Avrei
potuto segnalare il lavoro scientifico di Spilotro et al. (1998),
che documentava come l’abbandono del vecchio alveo del F. Agri era
avvenuto
prima del 1972 , e che quindi
Marinagri (Ittica Val d’Agri) forse non era mai stato frontista del F.
Agri. Avrei potuto indicare alcune evidenze morfologiche che
“suggerivano” un possibile intervento umano nel deviare il corso del fiume
(come lo stesso sindaco Altieri
dichiara agli atti di "Toghe
Lucane") o nell’impedirgli di rioccupare il suo vecchio corso
(vietati dalla legge); avrei potuto
segnalare il rischio legato alle due dighe a monte di Marinagri, di
cui una ubicata in zona sismica; avrei potuto spiegare il
significato dei tempi di ritorno delle piene, su cui non c’è affatto
da stare tranquilli, come insegna Soverato; avrei potuto segnalare
il rischio per la qualità delle falde acquifere poco profonde, a seguito
dell’ingressione di acqua marina nei canali scavati per le darsene
di Marinagri fino ad una distanza di un chilometro e mezzo dalla
costa, e così via.
Ma vediamo
i fatti e la cronologia.
Nel marzo
2002, due mesi dopo l’entrata in
vigore del PAI, la contestuale richiesta della variante e con
l’inizio delle indagini a carico di Marinagri, il Preside di Scienze
A. Tamburro mi denunciava con le modalità suddette. A
consegnare la
denuncia del Tamburro alla Procura di Potenza era la prof.ssa ing.
Rosa Viparelli, consulente
dell’Autorità di Bacino sul rischio idraulico del F. Agri e
componente insieme a F. Bubbico del “Gruppo
183”,
un'associazione per la difesa del suolo e le risorse idriche, nota
per lo schieramento politico e le consulenze.
Le cronache riportano che nell’estate
2003, durante le indagini, il Gentili diventava socio di Marinagri
(versando 100 mila euro); intorno al 20 novembre 2003 mi presentavo sulle reti
televisive nazionali a denunciare i rischi geologici del sito di
rifiuti radioattivi di Scanzano. Sarà sicuramente una coincidenza,
ma il 28 novembre 2003 il col. Gentili proponeva al PM di chiedere
una proroga delle indagini, a causa della voluminosa documentazione
contabile-amministrativa. Le indagini acceleravano: i poliziotti della P.G. si
presentavano nel mio dipartimento con tale assiduità da ingenerare
crisi nervose di pianto nella segretaria. Peccato che, nonostante il
furore inquisitorio, non vedessero alcuni documenti agli atti o
addirittura esposti in bacheca, che mi scagionavano da alcune
accuse. Chiedevo di essere sentita
dal PM, ma non c’era niente da fare. Venivano coinvolti anche
alcuni collaboratori al mio progetto, indagati (e ricattati) e/o a rischio di
esserlo, e costretti a difendersi.
Nel luglio
2004 veniva presentata in Consiglio Regionale l’interrogazione sulla
malagestione dei progetti europei POP-FESR e subito dopo nel settembre 2004 esplodeva lo spettacolo
pirotecnico-giudiziario. Il clamore mediatico era davvero
spropositato rispetto alle accuse: quella non era la divulgazione di
una notizia, ma il killeraggio di una persona scomoda. Il col. Gentili
si congedava nel novembre 2004 e
diventava responsabile della sicurezza di Marinagri, ivi eleggendo
il suo domicilio (cfr. cronache). Successivamente venivo rinviata a giudizio
per una sequela di nequizie, la cui inveridicità in qualche caso era
documentata anche da atti presenti nei faldoni giudiziari !
Ecco alcuni degli episodi più significativi che la dicono lunga
sull’”accaduto”…..
Incredibile ma vero,
mi rinviavano a giudizio con l’accusa di aver acquistato sui fondi
europei
un carrello–imbarcazione e un motore
marino (ritenuti non
attinenti all’Agrifluid),
mentre nei faldoni giudiziari c’era
il
mandato di pagamento della liquidazione, in realtà avvenuta su
fondi ministeriali MURST di un progetto sulle coste. Perché non avevano
cercato?
Incredibile ma vero,
mi rinviavano a giudizio per aver liquidato sui fondi europei
spese di missione
(ovvero
di miscela, ritenute
non attinenti l’Agrifluid), mentre i
documenti contabili indicavano che erano state liquidate sui fondi
ministeriali MURST di un progetto sulle coste.
Perché non avevano cercato? Eppure i documenti erano facilmente
reperibili nella segreteria del dipartimento.
Sequestravano il gommone del Lab.di Geologia Marina con l’accusa di
peculato e non lo dissequestravano perché secondo l'accusa mancava
il titolo autorizzativo alla spesa, che invece c’era ed era agli
atti giudiziari.
Sequestravano il gommone anche perché (testuali parole del PM): “non
vi è agli atti alcuna documentazione che attesti l’uso
(quantomeno pubblicistico) di tale costosa attrezzatura marina”.
Incredibile ma vero, sulla bacheca all'ingresso del dipartimento
campeggiava in bella vista un articolo giornalistico sul
gommone
con tanto di fotografia.
In questo caso i documenti si trattava solo di
vederli......
Incredibile ma vero, mi rinviavano a giudizio per aver comprato una
lampada da ufficio (peraltro sempre rimasta nel mio ufficio), un
acquisto normalissimo sui fondi dei docenti, in un Ateneo dove sono
normalmente autorizzati gli acquisti di stufe, tende,
condizionatori, piante, vino,
attaccapanni, mobili, ventilatori, poltrone, ecc.!
E che dire poi dell’accusa scaturita da un rilievo dei Revisori dei
Conti “di particolare interesse sotto il profilo penale”
(come da parole del PM), secondo cui
al compenso omnicomprensivo
originariamente previsto per alcuni contratti dell’Agrifluid io
avrei successivamente aggiunto la liquidazione di spese forfettarie
non previste….sic !
Dice il PM: “In sostanza all’originario
compenso viene aggiunto un rimborso spese di pari importo, che
raddoppia il compenso risultante dal testo contrattuale
originario….Ci troviamo quindi in presenza di una erogazione
aggiuntiva……..”
Una bufala! Un rilievo e un’accusa inconsistenti scaturiti dal
disordine amministrativo. Eppure sarebbe stato molto semplice
verificare la verità: bastava solo confrontare le cifre previste
negli “originari” contratti con quelle poi effettivamente erogate:
erano uguali !
Nei miei confronti veniva esercitato un accanimento incredibile.
Se la Procura di Potenza rimaneva inerte davanti alla pubblica
denuncia, finanche su Striscia la Notizia, del mancato utilizzo
e dello stato di abbandono delle
serre
didattiche di Agraria da 6
milioni di euro, si allertava invece per il “presunto” mancato
utilizzo del vecchio gommone da 4 mila euro del Lab.di Geologia
Marina del mio dipartimento.
C’era tuttavia una interessante coincidenza.
Mentre Harabaglia si affannava ad informare la P.G. e il gommone
veniva poi sequestrato e il Laboratorio di Geologia Marina distrutto, nel dicembre 2003
la Regione attribuiva una faraonica
consulenza da
1 milione e 554 mila euro sul “Monitoraggio dell’erosione
costiera e sulla caratterizzazione dei sedimenti marini”
.
Chi era il
naturale referente scientifico
in Basilicata sulle coste? Il Dip. di Scienze Geologiche, che contava
su competenze scientifiche internazionali, sulle
attrezzature del Lab. di Geologia Marina e su una cattedra di Geologia
e Sedimentologia.
Ma la convenzione veniva attribuita all’Agrobios,
un consorzio di ricerca in
agrobiotecnologie, esperto
in vivaismo,
pomodori, frumento, ecc., al centro di richieste di indagine
regionali e ministeriali, e molto chiacchierato per i progetti
regionali
più cari
d’Italia. All’atto della convenzione all'Agrobios,
privo delle
necessarie competenze, venivano contestualmente
affiancati con una consulenza tre
geologi per “validare”
i risultati, di cui due “forestieri” ed un terzo dell'Unibas, un collega di
dipartimento dell’Harabaglia ! A firmare la convenzione era lo stesso
dirigente
che Harabaglia si era affrettato a presentarmi al mio arrivo, lo
stesso del gruppo "Scanzano",
lo stesso che si occupava di progetti europei,
lo stesso su cui nell’agosto 2009 pendeva una
richiesta di rinvio a giudizio per l’attribuzione di fondi europei per l'agricoltura a non aventi diritto.
C’era poi, dulcis in fundo, l’accusa di concussione che avrei
esercitato a carico di alcuni miei collaboratori: ridicola nei
confronti di chi, pur avendo ottenuto il collaudo finale del proprio
progetto da parte della Regione (e dunque considerato concluso), aveva continuato la ricerca per
altri due anni, fornendo risultati aggiuntivi non previsti dal
finanziamento per centinaia di migliaia di euro !
Il processo non è cominciato bene: su 48 testimoni chiesti dalla
difesa, ne sono stati ammessi solo 8, con l’esclusione dell’ex PM L.
de Magistris e del capitano Zacheo, responsabile delle indagini su
Marinagri.
Mi auguro che questa mia testimonianza contribuisca a fare chiarezza
sull’accaduto e sul contesto socio-ambientale in cui difficilmente
l'Università della Basilicata potrà mai svolgere in pieno e
liberamente il suo ruolo di produzione e divulgazione della
conoscenza, considerati gli interessi e le risorse della regione.
Albina Colella
Professore Ordinario di Geologia
Università della Basilicata
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