Alla Federazione Italiana delle Scienze della Terra

Al Consiglio Nazionale dei Geologi

e p.c.    al Consiglio Universitario Nazionale

 

 

Lettera aperta alla Comunità delle Scienze della Terra

Cosa c’è dietro il mancato sviluppo delle Scienze della Terra nell’Ateneo del Texas d’Italia?

 

         

La chiamano la Svizzera del Sud, dove “la mafia non esiste”: galleggia su uno dei giacimenti petroliferi più ricchi d’Europa, vanta uno dei bacini idrici più generosi d’Italia e ha un grande  gioco d’affari che hanno reso la Basilicata “una questione morale”. Il suo Ateneo tiene nell’angolo i geologi e la Regione li "snobba" in un territorio devastato dal dissesto idrogeologico. Perché? L’inchiesta giudiziaria Toghe Lucane qualche risposta la fornisce.

Siamo arrivati all’epilogo: volevano “farmi fuori” e si ritrovano indagati

Una competizione professionale a colpi di Magistratura.......e non solo.

Hanno cercato di "farmi fuori“ con un polverone giudiziario per chiudere il Dipartimento di Scienze Geologiche (così si dice nelle intercettazioni), screditarmi professionalmente e mettere a tacere una delle voci critiche sulla gestione ambientale del territorio lucanoL’istituzione del dipartimento non era stata condivisa: disturbava equilibri consolidati un Ateneo molto chiacchierato per gli affari e le consulenze..

Hanno però "toccato duro".  Ci sono voluti 5 anni, ma la trama è stata scoperta e documentata, e i responsabili controdenunciati: la DENUNCIA a mio carico era un FALSO…… tutto era preordinato.....

La Procura di Potenza ha certificato l’esistenza di più procedimenti penali in cui io risulto “parte lesa”. Tra questi, un procedimento per truffa, abuso d’ufficio e rifiuto d’atti d’ufficio a mio danno per cui è finito indagato, tra gli altri, il rettore A. Tamburro (deceduto) insieme all'ex rettore F. Lely Garolla e i ricercatori G. Comunale e P. Harabaglia: quest'ultimo dovrà rispondere di truffa, calunnia e simulazione di tracce di reato.

Il TAR Basilicata ha riconosciuto che sono stata oggetto di mobbing nei confronti del ruolo da me ricoperto come direttore del Dipartimento.

Il Consiglio di Stato ha ordinato per tre volte il mio reintegro in servizio, imponendo al rettore A. Tamburro l’ottemperanza ai suoi provvedimenti e condannando l'Università della Basilicata al pagamento delle spese di giudizio.

 

 

E si scopre che i denuncianti sono i responsabili della malagestione dei progetti europei

E’ storia degna delle favole di Esopo, in cui si scopre che il supermoralista scatenato nel vituperare l’avversario si riveli essere come quel bue che dava del cornuto all’asino. 

Incredibile ma vero, hanno taciuto sulla malagestione e sui danni dei progetti europei POP-FESR dell'Unibas, ed hanno invece sollevato un polverone sul mio che, a seguito delle raccomandazioni di dirigenti regionali, era riuscito a non ripetere i loro danni e ad essere anche elogiato dagli enti locali per la grande mole di dati e l'unico ad essere pubblicato a loro spese e divulgato online sui loro siti. Avevo scongiurato la revoca del cofinanziamento europeo rendicontando entro le tassative scadenze europee, e avevo proseguito la ricerca per altri due anni, fornendo anche risultati aggiuntivi non previsti dal piano di finanziamento per un valore di diverse centinaia di migliaia di euro (consegnati nel 2003 all’Autorità di Bacino).

Incredibile ma vero, a denunciarmi sono stati proprio i responsabili dei progetti cui per irregolarità contabili era stato revocato il cofinanziamento europeo di centinaia di migliaia di euro !  Ma il mio progetto  aveva decretato sul territorio nuovi referenti scientifici per “l’acqua”, tema di ingenti e ambitissimi finanziamenti, e aveva permesso di realizzare qualcosa di troppo buono per non suscitare tempeste di fango.

Una volta chiamati a dar conto del proprio operato, i solerti censori sono improvvisamente ammutoliti. Ci sono volute interrogazioni sui giornali, su internet, in Consiglio Regionale, in Parlamento e alla Commissione Europea per documentare (e solo grazie a quest'ultima.....) che i responsabili di tale malagestione erano proprio loro, i solerti censori, ovvero i vertici dell’Ateneo !

E’dal 2006 che attendiamo la conclusione delle indagini giudiziarie su questa vicenda e la prescrizione è vicina. 

 E si scopre che la denuncia è “UN FALSO” e che….

Per «farmi fuori» hanno inviato alla Procura della Repubblica una denuncia autografa del rettore dell’epoca F. Lelj Garolla, con una lettera del Preside di Scienze A. Tamburro e i rilievi dei Revisori dei Conti al mio dipartimento: gli stessi rilievi che erano stati ritenuti inconsistenti dal direttore amministrativo dopo le mie controdeduzioni ! Una perizia grafica ha stabilito che la denuncia del rettore Lelj Garolla è un "FALSO", che la firma del rettore è "APOCRIFA", e che tale nota è stata "INTERAMENTE STILATA E SOTTOSCRITTA DAL PRESIDE A. TAMBURRO"….

Il polverone giudiziario, alimentato da conflitti di interesse e basato su segnalazioni di reato infondate ed opinabili, serviva a delegittimarmi professionalmente e a giustificare una sospensione facoltativa (mai adottata prima in un Ateneo che pure ha visto pluririnviati a giudizio e condannati) con la quale “farmi fuori” definitivamente (vista la lunghezza dei processi….), togliendomi la direzione del dipartimento per cercare di chiuderlo. In mia assenza è stata alimentata la diaspora dei geologi, smembrando il dipartimento e commissariandolo due volte in attesa di chiuderlo, tra le ire di docenti e studenti.

E può anche accadere che la divulgazione scientifica intralci enormi affari: una “ritorsione giudiziaria”

Le indagini sono state condotte in maniera molto approfondita per trovare prove a mio carico e talmente sommaria per le prove a mio discarico (obbligatorie in base all’art. 358 del codice penale), da ignorare anche prove presenti agli atti giudiziari e da formulare ipotesi di reato per delle nequizie che, se avessero valenza penale, dovrebbero far incriminare tutta l’Università.

Delegato alle mie indagini era l'ex col. dei Carabinieri Pietro Gentili, capo della Polizia Giudiziaria di Potenza. Costui, che secondo le cronache (cfr La Stampa) sarebbe stato rinviato a giudizio per favoreggiamento in un caso di omicidio, è stato indagato dal PM L. de Magistris con l'accusa di essere il riferimento nell’ambito della P. G. del presunto “comitato d’affari” al centro dell’inchiesta “Toghe Lucane", e di avere atteggiamenti ritorsivi nei confronti di coloro che potevano ostacolare la realizzazione del complesso turistico Marinagri, di cui era socio e poi responsabile della sicurezza.

In una regione dove il silenzio è d’oro, dove veleni e menzogne sono tutt’uno, dove per rimanere a galla devi essere silente, dove si tace anche quando è a rischio l’incolumità pubblica, - dal miele avvelenato da idrocarburi, alle navi affondate nello Ionio, agli studi sulle dighe, ai veleni di Tito, alle falde acquifere avvelenate di Melfi, ecc., - e dove, se scoperti, si corre subito a dichiararsi neutrali, io avevo fatto una denuncia pubblica sui rischi  geologici di un enorme affare.

Una «ritorsione giudiziaria» ha ipotizzato la Procura di Catanzaro per la mia vicenda: non solo per aver richiamato l’attenzione sulla malagestione dei progetti europei, ma anche per aver pubblicamente bocciato l’affare sui rifiuti radioattivi di Scanzano, quello più consistente (10 mila miliardi di lire) cui mirava il presunto “comitato d’affari”. Durante la rivolta popolare del 2003 avevo spiegato a milioni di italiani sulle reti televisive nazionali (TG3, Ambiente Italia) i rischi geologici del sito di scorie nazionale di Scanzano, illustrando inequivocabili documenti scientifici, mentre finanche i quattro docenti dell’Unibas pagati dalla Regione per una consulenza tacevano , l’approvazione del loro studio veniva inspiegabilmente ritirata nella Giunta Regionale del 9 luglio 2002 (delibera 1243/2002), i risultati della consulenza rimanevano ignoti e il governatore Bubbico querelava il Ministro Giovanardi. Una storia molto strana: ignoravo che tra i quattro consulenti ci fosse anche un professore del dipartimento che dirigevo e che nel 2003 mostrò "stupore". Durante la rivolta popolare del 2003 lo studio non venne tirato fuori e fu a me che venne richiesta collaborazione, ed in particolare la redazione di una relazione scientifica che dimostrasse l'inidoneità geologica del sito di Scanzano. Cosa che feci insieme ad altri tre colleghi e senza alcun onere per la Regione; la relazione fu usata ed esibita nelle sedi romane per controbattere la scelta del sito nazionale di scorie di Scanzano.......

Tutto ciò è avvenuto in un territorio che, secondo il pentito Fonti, insieme alla Calabria sarebbe ridotto ad un cimitero di rifiuti radioattivi , dove chi tocca i fili muore, o viene trasferito (come alcuni magistrati) o viene licenziato.

Era pertanto prevedibile un mio analogo intervento pubblico sul rischio idrogeologico del complesso turistico Marinagri (un altro grande affare al centro di intricati intrecci e vicende), nel momento in cui fosse esplosa l’inchiesta giudiziaria in corso (cominciata nel 2002, archiviata dalla Procura di Matera nel 2005 e riaperta dal PM L. de Magistris a Catanzaro). Il mio intervento avrebbe avuto effetti devastanti per il contributo pubblico CIPE di 26 milioni di euro, e non solo...: non a caso Marinagri è stato sequestrato anche per il rischio idrogeologico.  Il villaggio è stato realizzato, infatti, nell’alveo di piena e alla foce del F. Agri (un fiume che ha già causato esondazioni nel metapontino), a valle di due dighe (in zona sismica) e nella fascia di sommersione da onda di piena in caso di loro cedimento, in un’area sottoposta a vincolo di inedificabilità (fino all’aprile 2009) dal Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e a tutela ambientale, perché Sito di Importanza Comunitaria (SIC). Un vero e proprio "crimine" per l'ex PM de Magistris.

Secondo quest'ultimo, in Marinagri erano interessati a vario titolo anche alcuni magistrati lucani, oltre al col. Gentili. Per costoro il successore di De Magistris, il PM V. Capomolla, ha chiesto archiviazione, ma è stato querelato, con l'accusa di aver spezzettato l'inchiesta in tanti piccolissimi stralci, rendendo così difficile sostenere l'accusa della "associazione a delinquere"  e il ritrovamento delle prove certe. Il giorno 11 dicembre 2009 la Procura di Catanzaro ha stabilito il dissequestro di Marinagri con modalità che lasciano a dir poco sconcertati , causando dichiarazioni "forti" di M. Pannella e C. Vulpio.

 

Molto altro c'è ancora da dire su questa storia davvero inquietante e per questo rimando al link http://horatiocat.com/toghe/letteraA.htm

Mi auguro che questa mia testimonianza contribuisca a fare chiarezza sull’accaduto e sul contesto socio-ambientale lucano in cui difficilmente l'Università della Basilicata potrà mai svolgere in pieno e liberamente il suo ruolo di produzione e divulgazione della conoscenza, considerati gli interessi e le risorse della regione.

 

Albina Colella

Professore Ordinario di Geologia

Università della Basilicata